BREAK.GUIDE Bambini in Viaggio

Fai vivere l'avventura del viaggio ai più piccoli

Weekly Magazine gratuito, numero 16, Anno 2016

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Redazione: Andrea Pernarcic - Laura Alessandra

In questo numero:

  • Redazionale "STORIA DEL GRAN PREMIO"

  • 3 Libri e Scrittori a settimana

  • Speciale CAMPER
  • Eventi Sportivi per regione
  • Speciale CAVALLI & CIUCHINI
  • Eventi, eventi, ancora eventi
  • Sport Bambino
  • Curiosità
  • Film, Animazione, Cartoni
  • Una Fiaba per i più piccoli
  • Break Guide "GREEN"
  • Universo Mamma
  • SPECIALE PORTATUTTO BIMBI
  • S C U O L A
  • Rubrica "W LA DISLESSIA"

  • Come mi vesto?
  • Storie di libri
  • Corsi...corsi...corsi
  • Cibo: istruzioni per l'uso
  • Musica

LA STORIA DEL GRAN PREMIO

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[...]La Formula 1 affonda le sue radici nelle corse automobilistiche di fine Ottocento, che iniziarono ad assumere lo status di gran premi dal 1906. Negli anni venti, ci fu la prima seria regolamentazione delle gare, denominata "Formula Grand Prix", e fu adottata principalmente in Europa. Questo regolamento fu alla base di tre edizioni di un Campionato Mondiale per Costruttori (vinto dall'Alfa Romeo nel 1925, dalla Bugatti nel 1926 e dalla Delage nel 1927), di due edizioni di un "Campionato Internazionale" (nel 1931 vittoria di Minoia su Alfa, e nel 1932 vittoria di Nuvolari su Alfa) e delle cinque edizioni di un "Campionato Europeo Grand Prix" (dal 1935 al 1939) dominato da piloti e vetture tedesche.

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Juan Manuel Fangio, pilota che ha segnato la prima decade della F1 con i suoi cinque titoli mondiali vinti.

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Nel 1946 venne battezzata con il nome di "Formula A", con la quale furono disputati una prima serie di gran premi non validi per il titolo. Vennero ammessi a gareggiare due tipi di motori: i supercompressi da 1,5 litri e gli aspirati da 4,5 litri, mentre negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, erano ammessi soltanto i supercompressi di qualsiasi capacità fino al 1938, dopodiché ci fu la limitazione a 3,0 litri. La prima gara disputata con questo nuovo regolamento avvenne il 1º settembre 1946 a Torino; il Gran Premio di Torino, sul circuito del Valentino del parco omonimo, che fu vinta da Achille Varzi alla guida di un Alfa Romeo 158.

Due giorni dopo, sulla stessa pista si svolse la "Coppa Brezzi", durante la quale Tazio Nuvolari al volante della debuttante Cisitalia D46 mandò in visibilio il pubblico compiendo un paio di giri senza volante (che si era rotto), aggrappandosi al piantone dello sterzo. La Casa torinese preparò anche una rivoluzionaria auto a motore posteriore di 1 500 c turbocompresso, disegnata da Ferdinand Porsche, che era accreditata della strabiliante velocità di punta di 350 km/h[2]; con essa, il grande Tazio accarezzò il sogno di partecipare al Campionato mondiale di automobilismo, di cui si iniziò a parlare nel 1947.

L'anno seguente (1948) il nome della formula venne cambiato con quello attuale per via della nascita della Formula 2. Nel 1949 vennero scelti sette gran premi validi per l'assegnazione del trofeo. Nel frattempo, Varzi era morto sul circuito di Berna e Nuvolari, ammalato, non riuscì più a tornare in pista, mentre l'avventura della Cisitalia naufragò per mancanza di fondi. Sullo scenario del 1950 si presentarono molti nomi nuovi, che presero il posto degli assi dell'anteguerra. A mettersi subito in mostra fu Juan Manuel Fangio, che il 10 aprile vinse su Maserati il Gran Premio diPau.

Un mese dopo si disputò la prima gara valida per il campionato, il Gran Premio di Gran Bretagna del 1950. Al titolo piloti seguì un titolo per i costruttori nel 1958. Per i primi due anni le corse per vetture di Formula Uno non sono state organizzate in un campionato. Subito però hanno assunto il nome di "gran premi" e hanno avuto rilievo internazionale (venivano organizzate in vari paesi d'Europa). Nel 1950 venne organizzato il primo Campionato mondiale di Formula Uno, così denominato anche se di fatto si svolgeva a livello europeo, che venne vinto da Nino Farina a bordo di una Alfa Romeo 158 (l'Alfa Romeo si aggiudicò anche il secondo campionato mondiale di Formula uno, con la 159). Nel calendario del primo campionato mondiale di Formula 1 (1950) venne inserita anche la 500 Miglia di Indianapolis, ma nessuno dei piloti e delle squadre impegnati nelle altre gare del Mondiale la disputò).

Nel corso dei decenni sono stati organizzati anche dei campionati di rilievo nazionale per vetture di Formula Uno (ad esempio quello sudafricano e la British Formula One Seriesche si corse tra il 1978 e il 1982 nel Regno Unito) e fino al 1983 si disputarono anche molti gran premi non valevoli per un campionato. Attualmente invece le vetture di Formula Uno gareggiano esclusivamente nel Campionato Mondiale, organizzato con cadenza annuale dalla Federazione Internazionale dell'Automobile, sempre disputatosi dal 1950 ad oggi e considerato unanimemente la massima espressione dell'automobilismo moderno.

Ogni decennio ha avuto una sua fisionomia abbastanza precisa: negli anni cinquanta dominarono le auto a motore anteriore; negli anni sessanta quella a motore posteriore, prive di alettoni; negli anni settanta si ebbe invece un grande sviluppo dell'aerodinamica della vettura di Formula 1; gli anni ottanta furono caratterizzati dai motori turbo; gli anni novanta dall'elettronica; gli anni duemila dalla competizione tra le grandi Case automobilistiche.

Anni 1950: i "dinosauri" a motore anteriore[modifica | modifica wikitesto]

L'Alfa Romeo 158/159 con la quale sono stati vinti i primi due campionati mondiali di Formula Uno, rispettivamente da Nino Farina e Juan Manuel Fangio.

I primi 4 campionati vennero dominati dalle auto e dai piloti italiani: Nino Farina vinse il campionato del 1950 con l'Alfa Romeo 158; Alberto Ascari vinse quelli del 1952 e 1953 sulla Ferrari 500. Da allora, nessun altro pilota italiano è riuscito a vincere il titolo mondiale.

Nel 1951, il titolo andò invece all'argentino Juan Manuel Fangio, che vinse il primo dei suoi 5 titoli mondiali, alla guida dell'Alfa Romeo 159. Gli altri quattro titoli li conquistò alla guida di Mercedes (due titoli), Maserati (un titolo) e Ferrari (un titolo). Protagonista degli anni cinquanta fu anche il britannico Stirling Moss, che vinse molte gare ma non riuscì mai a vincere il titolo e venne detto dagli inglesi "The king without crown" (= "il re senza corona"). Nel 1958 venne battuto da Mike Hawthorn su Ferrari, che così fu il primo britannico a laurearsi campione del mondo; mentre la Vanwall con cui correva Moss conquistò il primo titolo riservato ai costruttori.

Gli anni cinquanta furono il decennio delle auto a motore anteriore; ma proprio nel 1958 fece la sua apparizione la Cooper-Climax a motore posteriore, che con Stirling Moss e Maurice Trintignant vinse i due primi Gran Premi della stagione, per poi dominare nei due anni seguenti. Si trattò dell'evoluzione dei positivi esperimenti attuati negli anni precedenti dallo stesso Cooper in Formula 3, anche se il motore posteriore si era già visto sulla Auto Union "Tipo A" progettata da Ferdinand Porsche, che corse con successo tra il 1934 ed il 1939.[3]. Le ultime auto a motore anteriore corsero nel campionato 1960.

Mike Hawthorn alla guida della Ferrari nel Gran Premio di Argentinadel 1958. Hawthorn si ritirò dalle competizioni dopo la conquista del titolo, ma morì pochi mesi dopo in un incidente stradale.

L'elevato numero di incidenti mortali registratosi nella seconda metà degli anni cinquanta consigliò di ridurre la potenza delle auto, sicché dal 1961 la cilindrata delle Formula 1 venne fissata a soli 1 500 cm³. Da più parti si erano levate voci favorevoli addirittura all'abolizione delle corse automobilistiche (misura poi adottata solo in Svizzera, a seguito del terribile incidente che funestò la 24 ore di Le Mans del 1955[4]). All'indomani della morte di Luigi Musso nel G.P. di Francia del 1958 (seguita dopo poco da quella di Peter Collins), l'Osservatore Romano si scagliò contro Enzo Ferrari, definendolo «Saturno ammodernato» che «continua a divorare i suoi figli»; mentre "Civiltà cattolica" definì le corse automobilistiche "Una inutile strage"[5]. Due pesanti anatemi, che nell'Italia di quegli anni quasi isolarono Ferrari, già sotto processo per l'incidente avvenuto durante la "1000 Miglia" del 1957, in cui erano morti il pilota, marchese Alfonso De Portago, il suo copilota e 9 spettatori. In località Guidizzolo infatti uno pneumatico della Ferrari del marchese, targata BO 81825, esplose rovinosamente su un catarifrangente montato al centro della strada, causando lo sbandamento della macchina che travolse la folla[6].

Anni 1960: l'epoca d'oro dei britannici[modifica | modifica wikitesto]

Nei 5 anni in cui fu in vigore la Formula A 1 500 cm³ si registrò un solo grave incidente in gara, che fu però anche il più tragico di tutta la storia del mondiale: quello del G.P. d'Italia del 1961, in cui perse la vita il destinato campione del mondo, Wolfgang Von Trips, insieme a 14 spettatori. In prova morirono il giovanissimo Ricardo Rodriguez e Carel Godin de Beaufort.

Stirling Moss guida la suaLotus–Climax nel Gran Premio di Germania del 1961 corso alNürburgring. Moss fu il primo a vincere con una Lotus, ma gestita dal team privato Walker; Chapman non considererà mai "sua" quella vittoria.

Durante questo periodo, i pochi cavalli a disposizione portarono a sviluppare nuove soluzioni tecniche nella costruzione dei telai[7], mettendo in risalto il genio di Colin Chapman, valente progettista e fondatore della Lotus, che ebbe un ruolo basilare nel secondo decennio della F1: le sue idee hanno fatto scuola nell'evoluzione tecnica delle auto da corsa.

I piloti anglofoni ed i team inglesi dominarono il decennio. La Ferrari riuscì a spezzare questo dominio nel 1961 con l'americano Phil Hill e nel 1964 con John Surtees.

L'australiano Jack Brabham, che aveva ottenuto due titoli nel 1959 e 1960 con la Cooper a motore posteriore, divenne nel 1966 il primo (e per ora unico) pilota a vincere il Mondiale anche come proprietario di una propria scuderia: la Brabham Racing Organisation, che vinse anche il campionato del 1967 con il neozelandese Denny Hulme.

Nel periodo 1962-1966 i due piloti di spicco furono Jim Clark alla guida della Lotus e Graham Hill alla guida della BRM. Senza due guasti che lo bloccarono nel corso dell'ultimo gran premio, Clark avrebbe potuto vincere 4 mondiali di seguito, suggellando così più nettamente quello che fu il suo incontrastato dominio in pista.

Dopo il passaggio (nel 1966) alla cilindrata di 3 000 cm³, una nuova serie di incidenti mortali pose progressivamente l'attenzione sul problema della sicurezza passiva: nel Gran Premio di Monaco del 1967 le balle di paglia poste lungo il percorso acuirono la gravità dell'incendio che devastò la Ferrari di Lorenzo Bandini e causò la morte del pilota. Una dinamica simile ebbe l'incidente che costò la vita aJo Schlesser durante il Gran Premio di Francia del 1968. Nel frattempo, il 7 aprile in una gara di Formula 2 ad Hockenheim era morto il grande Jim Clark. A vincere il mondiale fuGraham Hill, che proprio quell'anno era passato alla Lotus. Anche Jackie Stewart abbandonò la BRM (con cui aveva debuttato nel 1965), passando alla francese Matra (gestita però dal team di Ken Tyrrell), con cui vinse il campionato del 1969.

Jack Brabham affronta la Sudkehre del Nurburgring nel Gran Premio di Germania del 1965. Brabham fu l'unico pilota a trionfare anche come costruttore, con la sua Brabham, nella stagione 1966.

Fino al 1968 tutte le auto avevano corso con i tradizionali colori legati alla nazionalità dei concorrenti; ma in quell'anno la Lotus si presentò con la livrea delle monoposto colorate di rosso, oro e bianco (poi nere ed oro, dal 1972 al 1978), introducendo per prima lo sponsor in Formula 1.

Anni 1970: sviluppo delle monoposto[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la comparsa nel 1970 della rivoluzionaria Lotus 72 e nel 1978 dell'altrettanto strabiliante Lotus 79, nulla più fu come prima: le auto di Formula 1 cambiarono completamente volto e nell'arco di 10 anni vennero totalmente trasformate. Ingegneri, tecnici aerodinamici e costruttori di pneumatici impressero all'automobilismo una vorticosa evoluzione che contrassegnò tutto il decennio.

Nel 1970 il Mondiale venne assegnato “alla memoria” a Jochen Rindt, morto proprio alla guida della Lotus 72, nelle prove del Gran Premio d'Italia. Nella battaglia per la sicurezza si schierò in prima fila lo scozzese Jackie Stewart, grazie al quale vennero adottati progressivamente le tute ignifughe, le cinture di sicurezza ed il casco integrale[8]. Tutti dispositivi che fino ad allora erano rimasti sconosciuti e che salvarono la vita a Niki Lauda al Nürburgring nel 1976.

Oggi le autovetture di formula uno, sfrecciano a velocità impensabili, ed hanno sistemi di sicurezza incredibili. Un sogno per ogni bambino che le vede sfrecciare lungo la pista, con quel classico rumore del calabrone. Uno sport molto pericoloso, e anche faticoso, visto il pesante allenamento che i piloti devono fare per poter guidare bolidi simili. Questo weekend nel circuito di Monza si correrà l'87 esimo Gran Premio d'Italia, con tanti colori e bandiere alzate, un augurio di vittoria a tutti i piccoli tifosi che saranno presenti. Vi raccomandiamo di utilizzare i tappi nelle orecchie, per non danneggiare i timpani. Poi vi auguriamo un gran divertimento, fino alla fine.

[Andrea]

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RUBRICA - W LA DISLESSIA

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Valentina W LA DISLESSIA!

Un po' di testimonianze dirette


  • A me è successo di avere avuto a che fare con personaggi che dicono di chiamarsi “professionisti “.

    Mi hanno presa in un momento di debolezza, ero in difficoltà e purtroppo non sono riuscita a “scappare”subito..

    Dobbiamo avere cura del nostro “Cervello ” e non si risolvono le difficoltà con un tocco di bacchetta magica, bisogna impegnarsi e fare fatica.

    Da quando, invece, io e mio figlio siamo stati aiutati da Alessandro dallo staff di W LA DISLESSIA! in casa c’è stato un grande cambiamento e sento di essere molto migliorata. E non solo io: anche la mia famiglia!

    Grazie di cuore!

    Paola Dalla Motta, mamma di Marco

Paola W LA DISLESSIA!

La nostra è una storia di ordinaria dislessia.

Edoardo, è, per fortuna, un ragazzo socievole e grazie al nuoto ha delle passioni e degli amici, ma con la scuola un altro mondo, un buco nero che sembrava inghiottirci.

Per le maestre un bambino intelligente e vivace, ma senza alcuna voglia di impegnarsi, disordinato e distratto. Per i professori era da bocciare già in prima media, il ragazzo non aveva voglia di far niente.

Io ero severa e pretendevo che il suo impegno nei compiti a casa fosse al top. Risultato? In cinque anni (già alle elementari) avevo completamente rovinato il mio rapporto con lui e quando poi gli ormoni dell’adolescenza avevano fatto la loro apparizione, il ragazzino si era ribellato ed il solo sapermi nella stanza con lui era una guerra. Ma i compiti li doveva fare, e io dalla cucina e lui in cameretta erano litanie e litigi a non finire. A dirla tutta non mi sarei sopportata nemmeno io.

Noia, tristezza, autostima sotto le scarpe, la scuola il nemico, i compiti a casa una tortura.

Poi la diagnosi tardiva che lo ha salvato da una bocciatura ormai data per certa.

La consapevolezza di essere dislessico è arrivata lentamente. In un primo momento era un qualcosa che lo infastidiva, poi ne ha anche approfittato un po’, con la scuola c’è stato un miglioramento che lo ha portato alla terza media con un risultato discreto, visti i precedenti. I compiti però, sempre una guerra. Segue sul sito www.wladislessia.com

Paola Saba a "Oasi di Salute", "Disturbi dell'apprendimento: la Dislessia", prima parte
Vai male, allora niente sport
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